Le Amministrazioni pubbliche hanno adottato politiche a sostegno del tessuto associativo nell’ambito sociale e culturale. Le modalità, le forme, le procedure e, di conseguenza, le risorse dedicate, hanno generato una pluralità di esperienze con esiti diversi, a seconda delle aree del Paese. In particolare le Regioni hanno dato seguito a leggi, o ne hanno adottate nuove, con misure che in alcuni casi hanno avuto un impatto importante per il consolidamento e lo sviluppo delle realtà associative. Spesso ne hanno beneficiato soprattutto le esperienze più consolidate, più forti. Anche i Comuni hanno fatto la loro parte nei limiti di una finanza locale sempre più sottoposta a vincoli e tagli. Di recente anche il Mibact ha attivato alcune misure a sostegno del terzo settore, soprattutto nell’ambito della creatività urbana e della rigenerazione delle periferie, attraverso un coinvolgimento anche degli istituti scolastici. Lo strumento per assegnare le risorse è sempre stato il bando di evidenza pubblica, nel rispetto delle norme nazionali ed europee. Sono molto rari, seppur significativi, i casi in cui si è fatto riferimento al cosiddetto dialogo competitivo (previsto dal Codice degli appalti) o al partenariato pubblico-privato ex art. 151, comma 3 del Codice dei contratti pubblici nell’ambito della gestione e valorizzazione dei beni culturali. L’assegnazione di risorse attraverso il bando pubblico è la principale modalità che adottano da anni anche le Fondazioni bancarie, le Fondazioni private, la stessa Fondazione con il Sud e l’impresa sociale Con i bambini. Per certi versi si tratta di una conquista perché ha reso, almeno formalmente, più trasparente i criteri e le modalità con cui gli enti erogatori assegnano le risorse destinate al terzo settore. Tuttavia i limiti più volte segnalati, sia dai soggetti riceventi che dai soggetti erogatori, dell’esclusivo ricorso al bando di evidenza pubblica per la selezione dei progetti da finanziare, ha innescato alcuni innovazioni di qualche evidenza. Per questo è bene precisare due aspetti. Il primo, le Fondazioni bancarie più grandi, alcune Fondazioni private e anche Fondazione con il Sud e Con i bambini, hanno avviato delle sperimentazioni per sostenere le organizzazioni piuttosto che i progetti attraverso bandi, hanno semplificato alcune procedure nella selezione (ad esempio il ricorso alla manifestazione d’interesse prima del bando) e così via. Il secondo. Le ripetute revisioni del Codice degli appalti, l’incompiuta applicazione della riforma del Terzo settore, hanno determinato un quadro di incertezze sia nell’ambito delle pubbliche amministrazioni che nell’ambito degli erogatori privati, con evidenti impatti sugli enti di terzo settore. Le organizzazioni più strutturate sono riuscite in parte a far fronte a questa situazione, mentre quelle più piccole, e quindi più fragili, ne hanno risentito al punto che alcune si sono dissolte e altre sono finite ulteriormente ai margini del tessuto associativo locale. Il quadro sommariamente tracciato definisce il contesto in cui operano i soggetti sociali e culturali che alimentano le proprie attività attraverso erogazioni pubbliche e private, essendo per lo più all’interno delle attività di interesse generale indicate dall’art. 5 del Codice del Terzo settore (di seguito CTS). Come abbiamo già avuto modo di segnalare, una corretta rappresentazione del quadro generale non può non tener conto non solo delle diverse dimensioni, storie e strutture degli enti (elemento questo spesso sottovalutato) ma anche degli ambiti territoriali a cui fanno riferimento gli enti erogatori, soprattutto quelli privati. Ai fini del nostro ragionamento torna utile ricordare che la stragrande maggioranza degli enti erogatori (Fondazioni bancarie e privati) sono collocati nel centro nord del Paese, che nel Mezzogiorno le fondazioni bancarie e private sono molto poche e dispongono di risorse piuttosto limitate e che la stessa Fondazione con il Sud eroga, per l’intero mezzogiorno, solo circa 16/20 milioni l’anno. Quindi, al diverso impatto che le erogazioni hanno fra enti più strutturati e enti più piccoli, si aggiunge una evidente disparità sul piano delle opportunità a seconda della collocazione geografica in cui gli enti operano. Su questo tema non mancano studi e ricerche che hanno evidenziato il profilo e le caratteristiche della “forchetta”. Siamo quindi giunti ad una prima considerazione riferita alle domande poste nel precedente articolo. La drammatica situazione che vive il Paese avrà un diverso impatto sugli enti di terzo settore a seconda delle loro dimensioni e della loro collocazione geografica. Un riferimento al tema, di recente, è stato fatto in un interessante articolo a firma di Stefano Consiglio e Marco D’Isanto sul Corriere del Mezzogiorno del 21 marzo. Ora se è del tutto evidente che ci sono norme e vincoli di cui si deve tener conto, (per tutte il vincolo territoriale che caratterizza gli statuti delle Fondazioni bancarie), è altrettanto vero che, in un passato recente, proprio le Fondazioni bancarie sono state protagoniste della promozione di “iniziative di sistema” per affrontare problemi complessi di carattere nazionale. Per tutti ricordo la stessa costituzione della Fondazione con il Sud (ad opera di un numero significativo di Fondazioni bancarie), la costituzione dell’impresa sociale Con i Bambini per la lotta alla povertà educativa e alla dispersione scolastica nell’intero Paese, gli interventi a favore delle popolazioni colpite dai terremoti e, più di recente, l’annunciata iniziativa a favore del settore socio-sanitario a seguito dell’epidemia. C’è quindi “uno storico” a cui fare riferimento per auspicare una strategia di sistema da parte delle Fondazioni bancarie e delle stesse Fondazioni private per sostenere gli enti di terzo settore, introducendo però qualche innovazione rispetto al passato. (continua)